domenica 14 luglio 2013

LETTERA alle mie FIGLIE (la prima di molte si spera)



L’Africa. Non potevo chiedere di meglio per il post post-stallo. Quello che fa ripartire il blogger che vuole fare troppe cose e non ne fa neanche una bene.
L’Africa dicevo. Scendi dall’aereo e ti investe il caldo umido, i colori della terra che non brillano, ma lo stesso sono vivi. Ti prende la sabbia, ti entra nelle narici, negli occhi, nel cuore. E poi i sorrisi. Forse la prima cosa che ci ha colpito, sono proprio i sorrisi. Magari solo perché sulla loro pelle nera si vedono di più. O forse solo per quella misteriosa legge di compensazione per cui chi sembra aver meno alla fine davvero sorride di più.
Non so spiegarvi bene. Ma è così. E poi comincia il viaggio, quello vero. Le 24 ore che ci sono volute per arrivare qui non contano. Il cammino comincia ancora al buio su un van scassato, le valigie accatastate e l’autista che ti chiede “sai dove devi andare vero?” ma come .. “no che non lo so, devi saperlo tu sei stato pagato apposta!” ed è la prima sensazione che ritroveremo ancora. L’incertezza. E’ giusto insegnarvi a gestire l’incertezza? Io credo sia indispensabile. “Se riesci a mantenere la testa, quando tutti intorno a te la perdono e te ne danno la colpa..” Iniziava così Kipling a parlare a suo figlio. E non a caso era stato in Africa tanti anni. “Mamma cosa succede?” “Niente Amore dormi.” Niente amore dormi.. era meglio spiegarti? Che non avevamo un indirizzo, che erano le 5 del mattino e che il nostro autista per le due ore e 40 del tragitto che ci separava dalla Tishi’s Farm ha continuato a buttarsi acqua in testa per star sveglio? Nemmeno questo so. Io predico la verità sempre e comunque, specie con voi. Ma stavolta sorvolo.
“Mamma c’è un’odore molto forte qui..” E’ vero, l’odore è l’altra cosa che ti invade quando sei ancora in città. Perché le città puzzano, non è una prerogativa dell’Africa. E’ così New York ad agosto.. ma il mio pensiero va alla Bolivia, era esattamente la stessa sensazione provata allora. “Amore sai qui somiglia a dove sei nata tu” mi esce spontaneo, stavolta la talebana della verità mi sfugge di mano, era necessario? Roby ti ho visto leggermente scossa.. ma eravamo troppo stanche per parlare.. no va bene. Io ho fiducia in Te e non ho voluto trattarti come una bambina, ma come un essere umano che sta facendo esperienza, di tutto. A qualcuno pare estrema.. ma la vostra mamma va avanti diritta.
“ma come porti le bambine in Kenya e nemmeno in una struttura alberghiera?!”
No. E “nemmeno” davvero vedo il problema, al contrario mi sembra un’opportunità unica e un’esperienza che arricchirà il loro bagaglio. Spero di farvi crescere nella curiosità e non nella paura. Siete morte perché ci siamo fatte per 8 giorni la doccia fredda? Non mi pare anzi..
“hai fatto almeno la profilassi per la malaria e quelle robe li?”
quelle robe li? Ma non siamo più ai tempi di Coppi direbbe Giochi.
No niente profilassi. Io mi fido anche della terra e della natura. E tra l’altro non mi sento nemmeno un incosciente che forse è l’aspetto peggiore della faccenda.
Arriviamo e distrutte ci mettiamo a letto, stranissimamente è una richiesta anche vostra ragazze, non sia mai che me la lascio sfuggire. E sul letto a baldacchino sotto le zanzariere di tulle, ci lasciamo cullare da tutti quei suoni che sono un nuovo ricordo. (ossimoro, non sia mai che mi faccio sfuggire nemmeno un’occasione per rompervi i maroni su una roba da imparare, figura retorica in questo caso, che consiste nell'accostamento di due termini di senso contrario o comunque in forte antitesi tra loro)
Poi ci svegliamo e le mie piccole esploratrici partono in missione. Siamo in mezzo al nulla, vegetazione folta e strade di sabbia rosso gialla. Micro villaggi intorno, bambini dai pantaloni stracciati al cancello. Non si sa chi è più curioso se loro o le mie cucciole.
Vi lascio andare, è il mio metodo. Quello che a parer mio funziona meglio, esperienza sul campo. Mi direte voi se ha funzionato. Io intanto mi occupo di disfare i bagagli e di riprendermi che è la parte più difficile.
Dopo forse un’ora, forse due, forse mezzora del tempo africano che si dilata e si restringe molto diversamente da come succede nel resto del mondo, sei tornata in camera Roberta. Noto che c’è qualcosa di diverso in Te, ma è più una sensazione che un vero indizio.
“Mamma ho regalato tutti i miei braccialetti ai bambini li fuori!”
Ecco allora capisco cosa c’era di diverso. La gioia della condivisione. Ragazzi, siamo qui da pochissimo e mi sono già ripagata tutto il viaggio.
Dovrei andare avanti a raccontare di tutto il resto, ma mi limito ad una lista, altrimenti ne viene fuori un romanzo e questo blog serve solo a voi ragazze per ricordarvi il percorso fatto e per scoprire chi siete anche grazie alle esperienze che avete fatto.
Allora: i 40 bambini che sono venuti a salutarci e a prendere i regali che avevamo portato, i loro canti di ringraziamento e le partite a calcio o a un-due-tre stella, perché i bambini non hanno bisogno di parlare la stessa lingua per interagire (perché invece i grandi si? Non perdete questa capacità di comunicare con gli altri, la lingua e la cultura non sono MAI il vero ostacolo). Poi il riso al cocco, il chapati e il succo di passion fruit, quello vero, che non nascono i briks sugli alberi. Cathrine e le sue manate. Il giro a piedi nei villaggi al mattino, la famiglia che ci offre il latte di cocco colto e aperto (vi ricordate cosa ci ha detto Ale? Forse no, a me ha colpito molto: “la morte per caduta dal palmeto o per aver ricevuto una noce di cocco in testa è la settima causa al mondo”.. impressionante no? Non fa riflettere il fatto che quest’uomo per offrircelo abbia rischiato la vita? Ok lo farà tutti i giorni.. ma non date nulla per scontato). Poi la spiaggia bianca il pomeriggio, i piedi nell’acqua calda non senza un po’ di timore e i pescatori che arrivano con un marley appena pescato grosso come tutte e due voi messe insieme, anzi forse qualcosa di più.
La foresta di Gede il giorno dopo di cui non si vedeva la fine da la in alto e la prima delusione per gli elefanti che non si sono fatti vedere. La delusione va insegnata ai bambini altrimenti poi ci troviamo davanti adulti che mollano alla prima difficoltà.. sbaglio? Non so, ma io vado avanti con l’istinto. Chissà cosa ne penserete fra qualche anno di tutti questi miei metodi educativi.. ok ma continuiamo. Anche la misteriosa città abbandonata di Gede, ve la ricordate la storia? Sicuramente no, ci piaceva di più saltare sui pozzi, improvvisarci archeologhe e immaginare tesori. Ma se vi va di scoprirla adesso la trovate qui. In compenso sono certa che vi ricordate il gigantesco Baobab su cui siamo salite, vero? E la paura per le scale ripide e le ringhiere instabili e la mia mano sempre li. Anche la paura serve a piccolissime dosi.
 Martedì si parte per la grande avventura. Una piccola delusione il giorno prima, una grande soddisfazione il giorno dopo. Safari Time. E le zebre e le giraffe e la mamma che vi fa scendere in mezzo alla Savana, tranquilla come una pasqua con buona pace della guida che si fa venire uno sturbo. “you never know what can be hidden just behind a little tree..” Va bene, mi fido di lui sto giro, incosciente si, deficiente q.b. non di più. E l’arrivo al campo.. stravolte e stanche, ma che paradiso abbiamo trovato? E la Cabanna!?? (Italianizzazione dell’Ele di cabanne, in francese la capanna, che poi era una tenda super figa con un bagno enorme e una rosa fresca in una bottiglia di birra vuota).
Ma vogliamo parlare del coccodrillo sulla rive gauche del fiume mentre pranzavamo, che se non avesse aperto e chiuso la bocca avremmo continuato a credere che fosse come quello di gardaland; dell’ippopotamo che si lavava il sedere e di Mario? No Mario va spiegato, che voi lo sapete, ma se legge qualcun altro.. Mario è un Elefante.. meglio un Telefante come li chiama l’Ele, nativa digitale. Amico dei proprietari del campo. Che quasi tutti i giorni va a fargli visita. E si fa un giro fra le tende, peccato che è grosso il doppio, così, perché del resto è casa sua, siamo noi gli ospiti. Vi ricordate le facce di quelli che sono usciti dalle tende e se lo son trovato davanti?!!? Ahaha che ridere.. poi come è venuto è ripartito.. ma ci ha fatto compagnia anche durante la cena, grattandosi un po’ la pancia sulle palme sotto la terrazza. A no, dimenticavo il tramonto alle waterfalls.. ma vi siete rese un po’ conto di quante meraviglie abbiamo visto in così poco tempo? Chi lo sa.. Ma andiamo avanti con l’elenco.
E il giorno dopo? I leoni, quella ventina di ippopotami spiaggiati e quelli in mezzo all’acqua. Gli impala, il ghepardo, le linci le gazzelle i facoceri i bufali i dik dik.. Non me li ricordo nemmeno tutti, ma quanto è stato bello? E la terra.. e il cielo e la pietra a forma di teschio e il paesaggio lunare e.. e.. e.. non si finisce più. Il rispetto. L’adrenalina. Il coraggio, il tramonto, la solitudine le storie dei bracconieri.. Ma val davvero la pena soffrire in un mondo così meraviglioso e vario? Spero tanto che voi sappiate che la risposta è NO. Non c’è un minuto da sprecare. Va vissuta in ogni piccolissimo istante questa vita.. così finiva Kipling la sua preghiera al figlio. Se riesci a riempire ogni inesorabile minuto
, dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,
 Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
 E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!. (QUI TUTTA)
OK, manca altro ovviamente. Le donne della fondazione Chama e i microcrediti che voi ancora forse non potete capire bene cosa siano, ma di cui vi riparlerò. Dei loro canti e delle loro danze per salutarci. E le loro mani che cercano le nostre.
Dell’Elena. Roberta ricordi? “Guarda Roby, Cathrine è tutta nera come Te.”
Te la sei presa. Lo so, non è facile essere sempre quella “diversa” soprattutto alla tua età. Chissà quando arriverai a leggere questo blog, ma io spero tanto che succeda presto che Tu possa capire quando è bella la differenza. Quanta ricchezza c’è nella pelle di un colore diverso, mozzarella come l’Ele, caffelatte come la tua o cioccolato come quella di questi bimbi che hai cercato sempre in questi giorni.. “mamma sono i miei migliori amici.” Chissà se ti sei chiesta perché ti sei sentita così vicina a loro, per i sorrisi? Per come ti cercavo per come erano attratti da Te? A casa ne parleremo.. anzi vorrei fare un diario con Te su questa bella esperienza per capire insieme cosa ci ha regalato (blog canta, vediamo se mantengo l’impegno, solo Tu me lo dirai). Adesso sull’aereo voglio scrivere per non perdermi nulla. Vi amo così tanto tutte e due. Ok mancano ancora un paio di cose. Le ragazze poco più grandi di Te Roby e i loro canti e balli di chiesa, lo Swaili e tutte le parole nuove che abbiamo imparato: Jambo, Akulacema.. Il capretto che le donne a cui abbiamo fatto la donazione ci hanno portato come il dono più bello che potessero farci.. Ci ha fatto un pochino impressione il fatto di doverlo ammazzare e mangiare, ma è la bellezza ancora una volta sta nel dono e della diversità che ci ha fatto crescere così tanto in questa settimana. E infine la spiaggia, bellissima. Con il vento forte che formava delle strane strisce che ci si infrangevano sui piedi. Il ristorante fatto solo di legno e palme di cocco, il bagno nell’oceano pieno di pepite d’oro, le partite a racchettoni e il letto che dondolava al sole.. E le carezze di Elena, il sorriso di Livia, le domande di Arianna, i giochi di mamma Stefy, la pazienza di Sara per non parlare di tutti i maschi, Walter il super autista, Massimo tutto fare, la clemenza di Lorenzo, gli occhi che brillano di Mattia, Alessio e Matteo che fanno più foto della mamma, Fabio con la sua risata e le sue paure e Matteo piccolo che pur di dar due calci ad un pallone ha giocato anche con voi; Alessandro e Alessandro, la bellissima Agnes con la gola in fiamme, le cuoche che ci hanno pulito sempre il biberon e infine la simpatia e la bellezza di Kadenghe e il silenzio di Egle. E mancano tutte le sensazioni che tireremo fuori insieme, perché non possiamo dimenticarci quanto è bello essere diversi..
“mamma io in Africa ci voglio tornare.”
Può non venirmi un pochino da piangere per la felicità di questo regalo che mi ha fatto la vita? Ogni giorno può essere unico. Farò del mio meglio per farvi vivere questo miracolo senza sprecarne una goccia.

Mamma.

MISSIONE AFRICA, STARTED

PS presto anche un po’ di foto, linkate qui perché vi resti dentro tutto.

4 commenti:

  1. ciao mi brezzeeee ...il tuo nome non è ridondante e cosi famoso come il da te citato kipling...ma hai portato deentro di me un emozione forte..tu donna testarda peste sei riuscita perfettamente a trasmettere a noi che leggiamo dellle bellissime emozioni sensazioni e alle tue figlie ? non lo so ma di sicuro so che vorrei passare al figlio che arriverà un amore grande ...per la vita ..come quello che dai tu alle pricipesse...un bacio e grazie

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    1. Davide nasce già molto fortunato.. il suo papà è un essere meraviglioso e onesto, tutto il resto viene da se. Sono loro che ci insegnano la vita, è per questo che non si arresta l'umanità, chi arriva si porta con Te tutto il mondo. E CMQ.. TI ADOROOOOOOOO!!!!!

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  2. Chiara sei fantastica, un bacio Carola

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